La cucina under 30 di Acquolina

La cucina under 30 di Acquolina

di Barbara Martusciello
fotografie di Franz Gustincich

Alessandro Narducci (davanti a destra) e la sua brigata. Hanno tutti meno di trent'anni.

Alessandro Narducci (davanti a destra) e la sua brigata. Hanno tutti meno di trent’anni.

Acquolina è un ristorante luminoso e accogliente che si trova a pochi passi da Corso Francia, in un quartiere in cui molti anni fa si svolgeva una parte della movida romana. Oggi la borghese collina Fleming è un po’ meno di moda e la zona ha recuperato una sua tranquillità serale dove è possibile passare qualche ora in buona compagnia ad andamento lento: scegliendo di prenotare un tavolo in uno dei ristoranti di maggiore interesse per gli esperti del settore, gli appassionati della buona cucina o per avventori curiosi di assaggiare vere prelibatezze (consigliato il menù degustazione: il rapporto prezzo / qualità è perfetto). Si torna sempre volentieri in questo locale spazioso, dalla semplicità ricercata, con un personale sollecito e sempre sorridente.

Sarà perché in cucina si respira, oltre al profumo delle pietanze, un’aria gioviale e giovane, data la presenza dello chef Alessandro Narducci che si è circondato di uno staff altrettanto giovane ed entusiasta come lui. Fa piacere questa scelta, non tanto abituale altrove, che favorisce una formazione generazionale e un ambiente allegro e dinamico. Qui ognuno ha compiti precisi e, come in una filarmonica di grande livello, v’è accordo ad incastro tra ogni singolo elemento. Alessandro non è solo il direttore d’orchestra ma anche uno dei musicisti: dà ordini, sovrintende, spadella, esce in sala ed è salutato dagli avventori grati di fare un’esperienza tanto multisensoriale. L’olfatto, il gusto e anche la vista sono convocati per apprezzare le portate, la tavola bene apparecchiata e ciò che l’abbellisce: decorazioni fatte con legni che lo stesso Alessandro recupera dal mare, tratta e assembla nella forma originale che fa bella mostra di sé tra cristalli e posateria lucente.

Una tavolata per ospitare il "crudo Acquolina"

Una tavolata per ospitare il “crudo Acquolina”

Acquolina, che ha poggiato le sue radici sull’incontro tra Angelo Troiani e Giulio Terrinoni, quando questi ha scelto di portare avanti un’esperienza da solista, ha coinvolto Alessandro Narducci, allora promessa del settore, che, ben guidato dall’esperienza di Angelo Troiani, titolare anche dell’omonimo Convivio, è ora di casa come chef di rango. Lo incontriamo a pranzo, tra un assaggio luculliano e l’altro: sul menù c’è il polpo “scordato”, con rucola, mela, lamponi e la sua maionese e in una versione con lo zenzero…; c’è Fleming Cheesecake, con frutto della passione, maggiorana, cioccolato bianco. Restiamo estasiati dall’accostamento – per lo Spaghettone Monograno – di gamberi, pecorino, limone e menta: quest’ultima magnifica il mescolamento mari e monti, mentre il dolce del gambero si affianca alla malleabilità dell’olio, all’intensità dell’aglio, all’aspro aromatico del limone ed è esaltato dalla sapidità robusta del pecorino che, però, non domina ma accompagna…  Già favorevolmente colpiti, ci facciamo raccontare meglio da questo Chef la sua storia e un mestiere che – ci dice – “è tra i più soddisfacenti e belli del mondo”.

Uno sguardo alla cucina: la pulitura del pesce

Uno sguardo alla cucina: la pulitura del pesce

Una prima curiosità che mi piacerebbe tu ci soddisfacessi riguarda il tuo primo incontro con il cibo, tale, cioè, da farti capire che quella sarebbe stata la tua passione, la tua strada…

“Ciò che ha reso la cucina e il suo mondo affascinante ai miei occhi è la semplicità con cui, assemblando anche solo due materie semplici, genuine, si possono ottenere risultati eccellenti per gusto, nutrimento e quant’altro. In questo senso mio nonno paterno è stato un maestro, per me. Ero un bambino e in Umbria fece per me una frittata con i gambi di cipollotto, serviti con pane sciapo: cenammo così, io e lui, con appetito e soddisfatti. Forse è il mio più lontano ricordo che ho a riguardo del cibo, che si lega alla mia infanzia, alla condivisione affettiva, alla cucina italiana, a prodotti naturali, a gustosità forti ma anche delicate… “

Il primo piatto che tu hai cucinato?

“Sempre da piccolo, sempre tramite mio nonno, ma stavolta materno. Calabrese, ogni novembre fa le salsicce e io lo aiutavo sin da bambino. Ricordo quanta emozione provavo, già dalla mattina presto, in attesa di andare dal macellaio amico, di portare a casa la carne che andava preparata come in un antico rito: marinare il tutto, condirlo, mescolare con la macchinetta che era ancora a mano. Che profumi… Oggi cerco di far rivivere una simile suggestione ai miei, ai nostri clienti.”

Mazzancolle e insalata russa

Mazzancolle e insalata russa

Ti ricordi anche il primo piatto ufficiale che hai preparato da professionista?

“Ho fatto molte esperienze prima, collaborando con grandi chef e avendo avuto il privilegio di vederne alcuni inseriti nei loro menù; ma nulla dà la soddisfazione come i piatti della tua cucina, della tua brigata; in questo senso la triglia che prepariamo qui ad Acquolina è il piatto che sento molto, ma sento ancora di più un dolce, o meglio: un dessert. Quando sono arrivato qui, dopo qualche giorno, ho portato il mio tzatziki dolce… Piatto profumato, con una personalità che credo sia il mio signature che spero porterò avanti per tanto tempo…”

Dopo la seduzione della cucina familiare, la scoperta della tua passione giovanile, come si è avviata la  tua formazione nel settore?

“Io oggi sono un docente in una Scuola di Cucina e so quanto è importante avere buone basi. Però provengo da un’altra strada: non ho frequentato una Scuola. Ho avuto la fortuna di iniziare presto, 18enne, e di arrivare a essere chef velocemente: ho 27 anni. La passione si sviluppa da subito, e per me si è rivelata – come ti ho raccontato – sin da piccolo; poi, si può perfezionare, affinare, può essere guidata, ma credo che cuochi si nasca. Tanti sono i sacrifici che si devono fare per stare dentro questo settore, ma se non c’è quella spinta che ti fa sopportare di subordinare tutto alla cucina – perché di matrimonio si tratta – non c’è Corso e Università che tengano.

Photograph by Franz Gustincich

Ravioli, fondente di cipolla, zenzero, buccia di parmigiano, maccarello, estratto di basilico…

Dopo il Liceo ho avuto la necessità di lavorare, desiderando qualcosa di concreto, con cui costruire, e la cucina mi incuriosiva, mi faceva toccare qualcosa di vero: materie prime, odori, sapori… Ho iniziato con un Corso di Sommelier – dell’AIS (n.d.R.: Associazione Italiana Sommelier) al Cavalieri Hilton qui a Roma – per entrare nell’Enogastronomia e sono diventato Sommelier a 19 anni.  Ho subito iniziato a tartassare lo staff della Cucina del Cavalieri Hilton, ero diventato il loro incubo, insistevo, insistevo e… dopo mesi sono riuscito a entrarci. Pulivo patate, lavavo pomodori, perché all’inizio non sapevo nemmeno come toccare un coltello, ma avevo curiosità e passione da vendere…”

Cosa hai imparato lì di diverso?

“Gianni Fella del Cavalieri  mi ha insegnato il piacere: di cucinare, servire e far felice il cliente ma anche del sacrificarsi in nome della soddisfazione che si dà e che si prova in questo lavoro; a vedere la cucina da un altro punto di vista: dalla pulizia in cucina al rispetto degli attrezzi del lavoro; mi ha anche fatto capire quanto sia basilare il rapporto con le persone, sia in cucina, con lo staff, che in sala, che con il macellaio o il contadino che ti consiglia e ti vende la materia prima…  Questo ha confermato l’importanza di quanto mi hanno trasmesso i miei genitori, i miei primi grandi maestri che mi hanno insegnato ciò che è giusto e ciò che è sbagliato; la temperanza, la tenacia, l’ambizione e anche l’educazione”

Tutto ciò ti ha formato portandoti a lavorare con altri grandi nomi e all’estero…

“Ho lavorato con Heinz Beck, negli Emirati Arabi e ho studiato molto, oltre che guardato e fatto esperienza diretta. Dopo sono arrivato ad Angelo Troiani che mi ha messo ufficialmente la veste e il cappello da cuoco.. La nostra è una grande azienda che comprende due ristoranti, Stelle Michelin, un Scuola di Cucina e altre attività. Impone sacrificio ma anche sapere fare tutto.”

…anche la spesa…

“Fare la spesa, scegliere le materie prime per cucinare è alla base della cucina: ci si deve andare, almeno all’inizio, personalmente, per toccare le verdure, percepire i profumi delle spezie, i loro colori, la consistenza della frutta… Poi via via ci si può affidare ai rivenditori che si sono scelti, che sono giusti per te, ma questo lo puoi fare perché conosci i prodotti, sai quel che c’è da sapere…”

In cucina

In cucina

Tradizione o innovazione, in cucina?

“Credo che non spetti a noi cuochi stare fermi nella tradizione; si può giocare, inventare, in cucina: questo permette a tutti di crescere. Sperimentare fa parte del nucleo portante del nostro lavoro ma la tradizione la devi conoscere bene e anche questa ci appartiene; ma la tradizione può essere la partenza per giungere a qualcosa di nuovo; è pure questo che mi ha insegnato Angelo Troiani: si può esaltare la materia prima anche osando.”

La tecnica in cucina: quanto vale?

“Molto, ma sempre e solo se subordinata a un concetto, e ogni Chef ha il suo, ed è questo il bello!”

Ceviche, batata

Ceviche, batata

Cosa pensi del fenomeno dei Talent, che trasforma velocemente un esordiente in prim’attore?

I Talents hanno puntato fari sul settore che si è implementato. Però dimenticano troppo spesso di sottolineare che c’è un percorso da intraprendere e questo non lo si può fare né lo insegnano in Tv… Chef si è quando si sceglie di fare al meglio una professione come la nostra, con sacrificio, passione, competenza, lavoro di squadra, creatività indipendentemente dalla visibilità mediatica e dalla notorietà…; i cuochi sono anche quelli della mensa di un ospedale, o delle scuole… Va anche detto che l’importanza dell’estetica di un impiattamento oggi è all’ordine del giorno come non lo era mai stato, grazie a Master Chef, e che si conoscono timo, maggiorana. zenzero e cannella ovunque, ormai, grazie a Cracco o Cannavacciuolo in Tv mentre prima erano appannaggio regionale o di cucine tradizionali o più rare…”

Riccio di mare

Riccio di mare

In quest’ottica, quanto è importante la cultura?

“Informazione corretta e approfondita e cultura stanno venendo meno in ogni settore, purtroppo, mentre dovrebbero essere messe al centro della nostra vita, in ogni cosa, perché aiutano a migliorarla e migliorarci. Famiglia, Scuole e Tv non bastano…”

…servirebbero più impegno e investimenti istituzionali?

“Assolutamente sì: mirati, efficaci, seri, progettati da persone competenti che abbiano a cuore tutto  il settore…”

…e a proposito proprio in questo settore: v’è ancora il primato italiano? Cosa fa ancora la differenza in Italia?

“Una grande cucina può essere fatta da un grande chef, da un grande Gruppo, da ingredienti eccellenti e da un buon intuito. In Italia noi abbiamo qualcosa di eccezionale che altri non hanno e non riescono a portarci via: la materia prima, il prodotto – anche il semilavorato – vario, speciale, con una tale varietà che la fa ancora, quella differenza.”

Capasanta, vellutata di gorgonzola polvere di muffa nobile, indivie, mostarda di capperi

Capasanta, vellutata di gorgonzola polvere di muffa nobile, indivie, mostarda di capperi

Noi italiani, nonostante i tempi siano molto cambiati, siamo da sempre educati alla qualità, spesso grazie alle famiglie che vedono nella cucina un momento di aggregazione; è più facile, per noi, avere sul piatto buone pietanze e tanti prodotti diversi, di varia provenienza nazionale e sempre gustosi; anche se la globalizzazione e molti scandali nazionali hanno un po’ oscurato questa realtà, sembra comunque, per noi,  quasi più facile di altri fare piatti eccezionali e saperli apprezzare. Mi sbaglio?

“Non ti sbagli. L’esempio che si può fare è paragonare una bella donna, un po’ troppo artefatta, truccata, abbigliata in modo eccessivamente costruito, a una bella donna più semplice, con un filo di trucco, che anche con il tempo mantiene una sua genuina avvenenza. E’ preferibile la prima? Non credo… La cucina italiana è come la donna più naturale. Elegante senza pesantezze. Sai qual è il momento più piacevole della nostra giornata di lavoro? Quando il mio lavapiatti fa le bruschette per tutti:  ottimo olio, del buon pomodoro e si gusta una pietanza squisita anche se povera…”.

Photograph by Franz Gustincich

Filetto steccato di rana pescatrice, genovese di cipolle, topinambur, jus di manzo

In altri paesi, invece, com’è, a tuo avviso?

“Che dire…? In Spagna è tutta tecnica; in Francia tecnica, storia e quel rispetto che noi abbiamo forse un po’ perso… ma in Italia abbiamo l’improvvisazione facilitata da prodotti incredibili: una fetta di pane, mozzarella e prosciutto superiori, olio, sale, pepe ed ecco fatto il miracolo! Innaffiato da vini altrettanto eccezionali e di tali e tante tipologie da perderci la testa…”

Hai un ingrediente speciale al quale non rinunceresti mai?

“Lo spirito è importantissimo, ma questo è un ingrediente immateriale; allora direi il sapere usare gli ingredienti. Per esempio, a proposito del sale o del pepe, che non sono ingredienti speciali: come e perché si usano? Il pepe apre i sapori, il sale li esalta… e io non rinuncerei agli ingredienti che danno sapidità ai piatti, che li esaltano, come può fare il parmigiano…”

Photograph by Franz Gustincich

Ancora uno sguardo nella cucina di Alessandro Narducci a l’Acquolina di Roma

Uno dei problemi che oggi abbiamo è che il livello culturale e dell’informazione si è notevolmente abbassato, in tutte le stratificazioni sociali ed economiche, e dunque certi principi based e la capacità di riconoscere le differenze qualitative, si sono livellati molto… Che ne pensi?

“Concordo. Sono pochi a riconoscere la mela ranetta da quella annurca… Questo è uno degli scandali più clamorosi: l’assenza di buona cultura generalizzata in questo campo e l’attenzione esagerata per dove mangiare ma non per cosa e come. Mi spiego meglio: parliamo tanto dei piatti ma non abbastanza dei produttori. Gli agricoltori, i viticoltori, il territorio: quando e come se ne parla? Poco e male…”

Anche a ciò si lega la difesa e valorizzazione del Made-in-Italy?

“Rispondo affermativamente. Ci dovrebbe essere una pianificazione organizzata e finalizzata istituzionalmente, ma dipende anche da noi, da quanto siamo liberi e abbiamo voglia di metterci in gioco, di conoscere, far conoscere e sperimentare…”

Alcuni Chef amano cambiare spesso menù nel loro ristorante. Tu?

“Per me è importante tenere un piatto se è riuscito, se è speciale e apprezzato dalla clientela, che ci rimarrebbe male non trovandolo più. E’ normale… Ricordo che da ragazzo mi meravigliò constatare che un certo piatto di Heinz Beck lui lo aveva da oltre quindici anni; mi disse, con tale normalità, che se con un piatto hai fatto centro – e ci hai lavorato mesi, per idearlo – chi lo ha fatto e chi lo mangia ci si affeziona, e giustamente. Anche io, che ripropongo con sicurezza la semplicità della vignarola ma con astice che chiamo “Miseria e Nobiltà”;

Photo by Franz Gustincich

Miseria e nobiltà (astice e vignarola)

o lo tzatziki dolce, che da mesi offro ai miei clienti.”

Magnifico: servito su ghiaccio secco, con quel tocco di spettacolare che non guasta… Come è composto?

“Prepara il palato al dessert: rinfresca e azzera. C’è un caramello all’aglio di base, leggerissimo…”

…lo è: si avverte solo l’enzima dolce dell’aglio… Poi?

“Poi c’è un crumble all’aneto; una spuma di yogurt; il cuore con un sorbetto al cetriolo…”

Passeggiando nel bosco

Passeggiando nel bosco

Molti Chef, dopo  l’esperienza in grandi ristoranti, scelgono di aprire un loro ristorante.  E’ un desiderio così forte e comune? Ti appartiene?

“Che domandona… Diciamo che a me piace molto la figura dello chef che, oggi, da cuoco e capo, deve creare in cucina e gestirla, vedere quanto costa, seguire il personale, gli sprechi eventuali, deve affacciarsi anche in sala, deve organizzare, accodarsi con i fornitori, pagare le fatture; insomma: è un professionista che conosce il settore e vi lavora a 360°. La grande fortuna che io ho qui è che posso farlo: dal Sito Internet alle email, dalla Comunicazione al Marketing, dai clienti alla creatività dei miei piatti… Non mi ci immagino a fare bene tutte queste cose preoccupandomi di altro. Mi capisci? Quando ho finito – e di tempo non ne resta molto, credimi – desidero andare a  casa con la mente sgombra da ogni altra preoccupazione. Rispetto i colleghi che decidono diversamente ma io non riuscirei a fare ed essere Chef dovendomi legare anche a questioni finanziarie che necessariamente impegnano chi ha un suo ristorante e diventa imprenditore.”

A proposito di tutto quello che uno Chef fa per portare avanti al meglio la sua missione: tu hai un mercato di riferimento o fornitori?

“La materia prima, i prodotti li conosco bene e dopo le esperienze che ho fatto in mercati e aziende agricole ora ho i miei fornitori di fiducia: mi conoscono e sanno cosa io chiedo, e io so cosa loro possono darmi di ottimale… Ormai siamo una squadra che funziona e mi posso affidare a loro per avere una buona ricotta, per esempio, che loro scelgono per me in alcune aziende o da produttori di riferimento. Non è detto che un contadino abbia sempre la verdura ottimale e talvolta la decisione è di non acquistarla, o di acquistarla da un altro contadino… Stesso dicasi per la frutta: mando i miei ragazzi a prenderla poiché il fornitore che me la fa avere conosce i miei standard. Rispetto, fiducia, informazione, chiarezza: sono alla base del rapporto con chi lavora con me. Mi è bastato andare con i miei fornitori le prime volte con loro: vedere come e dove sceglievano la carne, il pesce e così via, come facevano le contrattazioni, quali erano le loro difficoltà a reperire, talvolta, determinate materie prime; loro hanno capito cosa serviva a me, io come lavoravano loro…”

Miseria e nobiltà (astice e vignarola)

Miseria e nobiltà (astice e vignarola)

A chi ti affidi per eventuali confronti o pareri, al ristorante?

“Ti meraviglierò ma ti dico: al lavapiatti. E’ qui da più tempo di tutti, è sveglio, vede tutto e capisce al volo, guardando i piatti che tornano in cucina per essere lavati, cosa convince il cliente più di altro, o se, per caso, il ragazzo in cucina ha abbondato di olio… Dai pochi residui si capisce quel che il cliente apprezza e ordina di più, quel che gusta con più appetito e così via… Conosce, anche, sempre dai piatti che arrivano dai tavoli, le tempistiche, la rotazione delle portate, persino la cadenza delle comande, quindi se qualcosa si può velocizzare, rallentare, accordare e così via… Io conto moltissimo su di lui.”

Ostrica

Ostrica

Perché gli italiani parlano sempre di cibo?

“Come annoiarsi parlando di cibo in Italia? Da un semplice nome di una pasta si toccano la Storia, la Geografia, i Miti, il Folklore, la Geologia…”

Alessandro Narducci, accanto al cibo e al vino, che sono parte del bien vivre come lo intendiamo noi, cosa affiancherebbe?

“Mai farsi mancare una pacca sulla spalla, una risata in cucina e, soprattutto, mangiare tutti insieme noi dello staff, che è qualcosa di bellissimo da fare quando si può… Ma quello che affiancherei è decisamente l’amore, la famiglia, gli amici, una partita di calcio guardata o giocata alla meno peggio, le passeggiate per godere delle bellezze di questo Paese, della sua meravigliosa Natura; una giornata a pesca in tranquillità all’aria aperta. Ecco cosa è per me il vivere bene…, che è poi condivisione.”